1. Che cos'è che provocò l'estromissione del pastore Roberto Bracco dalle Assemblee di Dio in Italia?

 

Per rispondere a questa domanda ritengo necessario innanzi tutto dare alcuni cenni biografici su Roberto Bracco, perché molti fratelli non sanno nulla su di lui o magari hanno solo sentito nominare qualche volta il suo nome.

Roberto Bracco nacque a Roma il 27 maggio 1915. A 8 anni perse la mamma, e a soli 11 anni si mise a lavorare presso una nota cartolibreria vicina alla sua abitazione. In seguito trovò lavoro presso una nota libreria antiquaria romana di allora, chiamata 'Liberma'. Qui venne in contatto con note personalità della cultura italiana di quel tempo e dato che aveva sete di sapere, si mise a leggere e a studiare ogni tipo di libro, per cui riuscì pian piano ad acquisire una buona cultura generale. Tra gli intellettuali che egli conobbe nella sua giovinezza Roberto Bracco ne ricordava in particolare uno che finì con l'influire negativamente su di lui: ecco cosa dice Roberto Bracco: 'Nella mia primissima giovinezza ebbi contatto con una persona che poi divenne un amico, e da qui l'amicizia pericolosa che poi incominciò ad influenzare negativamente la mia vita dal punto di vista spirituale, più che dal punto di vista morale. Era un eclettico, una persona intelligente, aveva delle grandi capacità nel parlare e nell'esporre le sue tesi, e mi ricordo che mi conquistò con la sua teoria (che poi non era sua, egli la esponeva semplicemente) dell'immortalità della materia, teoria fondata su un principio banalissimo: 'Nulla si crea e nulla si distrugge.' Questa teoria si trasformava in una conclusione ovvia: l'anima veniva annullata completamente. Infatti io mi ritrovai senz'anima, da un punto di vista diciamo intellettuale, e da questo punto di vista io ripudiai completamente la religione' (Autobiografia di Roberto Bracco).

Egli fu salvato dal Signore nel 1933. La maniera in cui Dio lo fece giungere alla conoscenza della verità e della salvezza fu la seguente. Lui stava attraversando un periodo in cui era del continuo 'aggredito dallo spavento della morte' e proprio in quel periodo - lui racconta - 'in casa mia veniva una sorella, una semplice sorella che molti hanno conosciuto (ha terminato la sua vita a Bethel [nota mia: Bethel è la casa degli anziani fondata e curata dalla Chiesa evangelica che si raduna in via Anacapri, Roma]), che veniva per ragioni di servizio, per aiutare la mia matrigna (nel frattempo mio padre si era sposato di nuovo). Lei era una cristiana, una tra le prime sorelle della chiesa di Roma ad accettare il messaggio della verità e della salvezza, e con estrema semplicità rendeva testimonianza dell'opera che aveva realizzato. Vi voglio subito dire che per me il suo linguaggio era in parte incomprensibile; mi parlava infatti delle nozze dell'Agnello nel cielo, e per me quelle erano parole senza significato, non riuscivo a penetrare nel senso di quelle parole, ma in mezzo a tante parole io colsi quello che era necessario all'anima mia, che fu questo: il Signore è un Signore vivente, Cristo risponde a tutti coloro che lo invocano e hanno bisogno di Lui. Per me era una frase veramente decisiva e convincente, appunto perché se io avessi incontrato una persona che avesse cercato di coartare la mia mente e di entrare in polemica con me, probabilmente ero in possesso di argomenti per controbattere e non so come si sarebbe conclusa quella conversazione. Ma quella sorella non tentò di fare questo e forse non ne aveva neanche la capacità, ma aveva una capacità: quella di parlare di Gesù in una maniera reale, in un modo vivo, in fondo la stessa capacità di Filippo quando disse a Natanaele 'Vieni e vedi'. Infatti concluse la sua testimonianza proprio con queste parole: "Non devi ascoltare quello che ti sto dicendo io, il Signore ha risposto a me e io posso solo dirti che ho la certezza che se tu vorrai essere salvato risponderà anche a te; ma puoi cercarlo da solo, e devi cercarlo da solo: nel buio della tua cameretta invoca il Signore, se tu vuoi incontrarlo digli semplicemente: 'Signore, se veramente rispondi a coloro che Ti desiderano, rispondi all'anima mia' (ibid.,).

Colpito dalle semplici parole di quella sorella, Roberto Bracco cercò subito di mettere in pratica quelle parole, e in quella notte mentre i suoi fratelli dormivano lui scese dal letto e invocò il Signore: 'Invocai il Signore ed Egli rispose all'anima mia' dirà il fratello Bracco. E da quel momento in lui si fece imperioso l'impulso di trovare le persone di cui gli aveva parlato quella sorella, per cui si recò al locale di culto dove essi si radunavano. Egli fu colpito dal fatto che quelle persone erano delle persone vive, 'delle persone che vivevano la vita e la vita del Signore', e comprese di essere un peccatore davanti al Signore. Dell'esperienza della notte nella sua camera da letto e di questa in quel locale di culto egli dirà: '… questa esperienza e quella di quella notte nella mia cameretta si fondono. Quella notte io sentii solo questa gioia questa pace questo imperioso impulso interiore di cercare di trovare questo popolo, e io trovai il Signore' (Ibid.,).

Dopo non molto tempo egli fu battezzato in acqua, ed in seguito fu anche battezzato con lo Spirito Santo.

Convertitosi al Signore, in Roberto Bracco si faceva sempre più grande il desiderio di darsi da fare per l'opera di Dio: '…. fin dai primi giorni della mia conversione avevo avvertito profondo il bisogno di lavorare, di fare qualche cosa per il Signore, qualche cosa per l'opera del Signore' (ibid.,). Come lui ricorderà spesso, il primo incarico che gli diedero fu quello di spazzare il locale di culto assieme ad altri fratelli, incarico che lui si sentì onorato di ricevere. In seguito gli fu dato l'incarico di ministrare la parola di Dio ai fedeli, nonostante la sua giovane età. Questo avvenne in seguito alle seguenti circostanze che si verificarono proprio in quei giorni, precisamente nel 1935 quando fu notificato a Ettore Strappavecchia, ministro della Chiesa Pentecostale, la chiusura del locale di culto di Roma, sito in Via Adige, (fu chiuso il 15 marzo). I credenti infatti furono costretti a radunarsi nelle case private, per cui si vennero a creare diversi gruppi per i quali occorrevano dei responsabili per condurre le riunioni, e Roberto Bracco diventò uno di questi responsabili che dovevano presiedere le riunioni e ministrare la Parola ai fedeli. E dopo poco tempo, dato che gli altri fratelli responsabili della comunità furono - a motivo della dura persecuzione che in quel periodo scoppiò contro i pentecostali in seguito alla circolare Buffarini Guidi del 9 aprile 1935 - allontanati dalla chiesa (dopo essere stati arrestati furono rimpatriati ai loro paesi con il foglio di via obbligatorio), lui si ritrovò ad avere la maggiore responsabilità della comunità: '… e io mi trovai solo ad assumere il carico della responsabilità di tutta la chiesa' dirà Bracco (ibid.,). A lui, dato che era romano, non potevano rimpatriarlo che a Roma per cui lui rimase a Roma; fu tuttavia ammonito dalle autorità (in base a questa ammonizione lui non poteva uscire di casa prima di una certa ora e non doveva frequentare i fratelli), ammonizione però che lui trasgredì regolarmente ogni giorno: '… perché ogni giorno io ho continuato la mia attività, ho incontrato i fratelli, ho presieduto le riunioni, ho tenuto i culti e il Signore mi ha guardato' (ibid.,).

Durante quel periodo di persecuzione contro la Chiesa, Roberto Bracco fu denunciato e arrestato diverse volte a motivo del suo zelo nel servire il Signore. Delle sue esperienze da perseguitato dalle autorità fasciste lui parla nel suo libro Persecuzioni in Italia.

Nel 1943 Roberto Bracco si sposò la sorella Anna Stella. E nel 1945, dopo essersi separato da quella corrente della comunità di Roma definita da molti 'rigorista' a motivo di schemi antichi e regole antiche, egli entrò in contatto con quella parte della comunità di Roma che si era distaccata da quella corrente 10 anni prima; questa comunità avendo riconosciuto in lui il ministerio della Parola lo elesse pastore in quell'anno.

Nel 1946 Roberto Bracco fondò il periodico 'Risveglio Pentecostale', dietro incoraggiamento delle comunità pentecostali di Zurigo e Wintertur che ne sovvenzionarono i primi due numeri. Di questo periodico egli diventò direttore, in esso scriverà molti articoli nel corso degli anni a seguire.

Nel 1947 si tenne a Napoli il VI Convegno Nazionale delle Chiese Pentecostali Italiane, convegno che decreta l'accettazione dell'affiliazione offerta dalle Assemblee di Dio degli Stati Uniti di America (in risposta alla richiesta di affiliazione ad esse presentata da quelle Chiese Pentecostali Italiane che vi partecipavano) al fine di poter ottenere il riconoscimento giuridico da parte dello Stato Italiano e fare smettere nei confronti dei Pentecostali in Italia ogni forma di persecuzione e discriminazione da parte delle autorità. Le Chiese Pentecostali ivi rappresentate decidono di assumere il nome di 'Assemblee di Dio in Italia'. Venne costituito un Comitato esecutivo di cui Roberto Bracco fu eletto Segretario (Presidente fu invece eletto Umberto N. Gorietti).

Nell'estate del 1948 in un Convegno tenutosi a Catania venne approvato lo Statuto delle ADI, di cui Roberto Bracco fu uno dei redattori. E nell'Ottobre di quello stesso anno veniva presentata da parte dell'Associazione che si era costituita la domanda alle autorità per ottenere il riconoscimento della personalità giuridica dell'Associazione. Bracco in tutto questo fu un protagonista.

Nel 1949 Roberto Bracco si dimetteva dalla direzione di 'Risveglio Pentecostale', pur tuttavia continuando negli anni successivi a scrivere degli articoli per questo periodico.

Nel 1954 nasceva la Scuola Biblica delle ADI della cui direzione fu incaricato Roberto Bracco (questo incarico lo ricevette nel settembre 1955 in occasione del Convegno nazionale a Catania) che fu affiancato da Eliana Rustici e da Francesco Toppi. Roberto Bracco in questa scuola insegnerà la dottrina per diversi anni (rimarrà direttore dell'Istituto fino al 1965).

Nel 1960 Roberto Bracco si dimise da pastore della Comunità che si riuniva in Via dei Bruzi a Roma. Le ragioni furono le seguenti. C'erano state le votazioni per il pastore nella comunità e il fratello Roberto Bracco, allora pastore, aveva ricevuto l'87 per cento dei voti, mentre Luigi Arcangeli, allora vice pastore, aveva ricevuto il restante 13 per cento dei voti. L'esito di questa votazione, nonostante fosse stato favorevole a Roberto Bracco, non soddisfò il medesimo il quale riteneva che per potere continuare ad essere il pastore della comunità avrebbe dovuto ricevere il 100 per cento dei voti, egli quindi non se la sentì proprio di continuare a fare il pastore di quella comunità con a fianco un vice pastore che aveva a suo favore il 13 per cento dei membri della chiesa (questa parte della chiesa quindi non voleva più Roberto Bracco come pastore). Egli quindi decise di dimettersi da pastore di quella chiesa; continuò comunque ad insegnare alla Scuola Biblica.

Adesso Roberto Bracco intendeva dividere il suo tempo tra l'evangelizzazione e l'insegnamento alla Scuola Biblica. Incoraggiato da diversi fratelli, circa 6 mesi dopo dalle sue dimissioni, cominciò a tenere dei culti presso il locale di culto dell'Istituto Biblico Italiano (così si chiamava e si chiama la Scuola Biblica delle ADI) che era sito in Via Prenestina n° 639. Il numero dei fratelli che frequentavano questi culti aumentò considerevolmente, anche perchè si convertirono parecchie persone in alcune evangelizzazioni tenutesi a Roma, e quindi si rese necessario trovare un locale di culto più spazioso. Lo trovarono nel 1963 in Via Anacapri, il locale fu comprato dai fratelli e non fu intestato alle ADI quantunque Roberto Bracco ufficialmente risultava pastore delle ADI; cosa questa che naturalmente non piacque ai dirigenti delle ADI. Va tuttavia detto che non ci fu solo questa ragione che rese necessario il trasferimento perché col tempo erano sorti dei malumori contro il fatto che Roberto Bracco tenesse quelle riunioni di culto in Via Prenestina. Gli era stato fatto capire che era meglio che se ne andassero da Via Prenestina.

Occorre per altro fare presente che Roberto Bracco da alcuni anni rifiutava di ricevere nomine negli organi delle ADI perché secondo lui il cristianesimo non doveva ricalcare gli schemi delle Associazioni umane. E così, Roberto Bracco fondò la Comunità di Via Anacapri che lui organizzò in maniera totalmente indipendente dalle ADI, quantunque lui rimanesse ufficialmente nell'ambito delle ADI, e di cui sarà il pastore per circa 20 anni.

Nel 1977 Roberto Bracco, accettò di nuovo di far parte del Consiglio Generale delle Assemblee di Dio in Italia, e ricominciò ad insegnare all'Istituto Biblico delle ADI. Ma questa collaborazione si interruppe nel 1980, quando lui decise di lasciare gli incarichi ricevuti. E' opportuno fare presente che questa decisione Roberto Bracco la prese alcuni mesi dopo il caso di Giovanni Ferri, pastore di una chiesa ADI in Puglia, e allora vicepresidente delle ADI, (il presidente allora era Gorietti), il quale era stato radiato dalle ADI con l'accusa di fornicazione. Questa radiazione però non aveva avuto l'appoggio di Roberto Bracco, che riteneva che non ci fossero chiare e convincenti prove che l'accusa fosse vera. In altre parole Giovanni Ferri per Roberto Bracco non poteva essere giudicato colpevole di quel peccato.

Nel 1983 Roberto Bracco scrisse La verità vi farà liberi in cui lui denuncia senza mezzi termini le nefaste conseguenze che sono scaturite dalla decisione di formare questa Associazione nazionale (ADI) con uno Statuto che ha finito col sostituire la Parola di Dio, e con tutte le cariche che si addicono a una qualsiasi Associazione umana legalmente riconosciuta dallo Stato (di cui va ricordato che lui all'inizio era stato fondatore e sostenitore). Una di queste malefiche conseguenze è stata l'annullamento dell'autonomia della Chiesa locale. Va tuttavia fatto notare che quello che Roberto Bracco scrisse in questo libro lui lo aveva detto ed espresso verbalmente in molte occasioni negli anni precedenti. Per cui la sua posizione sull'autonomia della chiesa locale era ben conosciuta nelle ADI ancora prima che uscisse questo suo libro. E proprio a motivo di questa sua posizione, che si opponeva apertamente a quella sostenuta dalle ADI, molti pastori non gradivano affatto la sua permanenza nelle ADI, per costoro Roberto Bracco nelle ADI costituiva una 'spina nel fianco'; e Roberto Bracco sapeva bene tutto ciò. E così lui dopo essersi dimesso scrisse La verità vi farà liberi che come lui aveva previsto, scatenò una reazione molto dura nei suoi confronti. L'attuale presidente Francesco Toppi dice a proposito di questo libro di Bracco e della reazione degli organi ADI: '…. scrisse e pubblicò un vero e proprio 'manifesto' in un volumetto dal titolo 'La verità vi farà liberi', ricalcando il modello di struttura congregrazionalista da un testo scritto da Abele Biginelli, noto esponente della Chiesa Cristiana dei Fratelli, in occasione della approvazione, nel maggio 1980, del nuovo statuto dell'Ente Patrimoniale delle suddette chiese. Quelli che erano stati gli intenti 'in pectore' e timidamente dichiarati divennero il grandioso progetto di creare una struttura pentecostale consimile che potesse raggruppare le comunità pentecostali indipendenti con le quali, se la morte non lo avesse colpito improvvisamente, aveva stabilito di tenere un convegno, probabilmente costitutivo. In quell'ultimo suo scritto aveva identificato l'organizzazione come la causa fondamentale della fine di un Risveglio. (…) I membri dei vari organi delle Assemblee di Dio in Italia, i quali per ben ventidue anni avevano comportato cristianamente, per affetto fraterno e profondo rispetto verso il suo ministerio, le sue personali opinioni ecclesiologiche, dinanzi a questa pubblicazione di aperta sfida nei confronti delle ADI di cui era stato uno dei promotori, sostenitori e membri fondatori, ritennero di non poter rimanere indifferenti ed il Consiglio Generale si riunì in seduta plenaria con tutti i membri dei Comitati di Zona. In quella sede furono presentate due proposte, una del Consiglio Generale che era quella di attuare la sanzione disciplinare della sospensione temporanea dall'attività del ministerio fino alla prossima Assemblea Generale che si sarebbe tenuta a breve scadenza e dove il caso sarebbe stato ampiamente trattato e l'altra presentata da alcuni Comitati di Zona, quella cioè di immediata esclusione dal Ruolo Generale dei Ministeri, proprio in conseguenza della netta posizione assunta. La decisione fu dolorosa, ma quest'ultima proposta fu approvata a stragrande maggioranza e così Roberto Bracco si trovò escluso dalle ADI, dopo annosi ed inutili tentativi di comporre con comprensione cristiana un dibattito di natura ecclesiologica che si concludeva inevitabilmente con una frattura, in quanto una fraterna e rispettosa collaborazione nel campo di Dio non può assolutamente essere sacrificata sull'altare di vedute ed interessi personali' (Cristiani Oggi, 1-15 Febbraio 1996, pag. 2-3). Quindi, possiamo dire che la pubblicazione di questo particolare libro fu la goccia che fece traboccare il vaso, o meglio fu il pretesto per estromettere Roberto Bracco dal ruolino generale dei ministri delle ADI.

Dunque la causa dell'estromissione di Roberto Bracco dalle ADI fu la sua posizione ecclesiologica che era in aperto contrasto con quella delle ADI, e che lui mise per iscritto nel suo libro La verità vi farà liberi e che provocò tanto sdegno nelle ADI, tanto da portare alla votazione e all'approvazione della sua immediata espulsione dalle ADI.

Ma nella sostanza quale era la posizione ecclesiologica di Bracco? Egli era per la piena autonomia della Chiesa locale (principio questo confermato dalla Parola di Dio, per cui giusto), per cui si opponeva all'organizzazione verticistica e gerarchica quale quella della denominazione ADI che aveva nei fatti calpestato questa autonomia della Chiesa locale. Questo è quello che si evince dalla lettura di questo suo libro.

Ma lasciamo adesso la parola a Roberto Bracco, che quantunque sia morto, parla ancora; lui ci spiegherà la sua posizione (le sottolineature sono nel testo).

 

 

Roberto Bracco

 

La verità vi farà liberi

 

INTRODUZIONE

I. LA SCRITTURA O LO STATUTO ?

COSTITUZIONE DELLA CHIESA DI DIO

II. "DOVE CI TROVIAMO?"

III. "IL PARADOSSO SI ALLARGA"

IV. UNA VITTORIA

LA CHIESA

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

Il cristianesimo, dalla sua nascita non si è mai spento, non è mai tramontato; anche quando la corruzione e l'immoralità si sono allargate nel mondo religioso, la presenza della chiesa, della vera chiesa, ha diffuso luce fra le tenebre del peccato.

La chiesa è stata presente vittoriosa, anche se perseguitata, in tutti quei movimenti di risveglio che come tanti anelli di una catena hanno attraversato i secoli. Rigenerazione, santificazione, vita carismatica sono state sempre le esperienze di un popolo che si è chiamato ed è stato veramente cristiano.

Purtroppo però non c'è stato uno solo di questi risvegli che abbia saputo o potuto resistere ad una crisi che ha trasformato in una "composta denominazione" quello che era libera manifestazione dello Spirito. Quasi sempre l'infausta trasformazione è stata aiutata dall'organizzazione, che nel regolamentare e comprimere la vita della chiesa ha fatalmente soffocato e spento il fuoco dello Spirito.

La storia parla per esprimere un appello e più chiaramente parla la parola di Dio che ci dice: "Esaminiamo le nostre vie, scrutiamole, e torniamo all'Eterno" (Eccl. 3:40).

Le righe che seguono non si propongono altro fine oltre quello di un ritorno al fuoco della Pentecoste che è amore, santità, libertà, affinchè un movimento in crisi possa tornare ad essere "risveglio". E mentre si propone questo fine vuole essere anche un esercizio del diritto di libertà ad esprimere un pensiero. Nella vita cristiana questo diritto deve essere riconosciuto ed esercitato in modo franco, sincero ed onesto.

Soltanto i governi oppressivi temono le analisi e le impediscono con la soppressione della libertà, ma nella chiesa cristiana questo fenomeno deve essere rifiutato e respinto, ed infatti in questo breve scritto viene ripetutamente citato il lavoro di un servo di Dio che ha saputo e potuto liberamente esprimere francamente le proprie considerazioni nel seno del movimento ove svolge il proprio ministero.

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I.

LA SCRITTURA O LO STATUTO?

 

Un servitore di Dio, stimato ed amato, mi diceva, non molto tempo fa: - Se vogliamo salvare la nostra comunione spirituale e la nostra unità cristiana dobbiamo distruggere lo statuto". Questa frase pronunciata con calma non aveva la più lieve sfumatura polemica o il più debole accento di furia distruttrice, era soltanto la sincera espressione di una riflessione prolungata e sofferta.

Non ho potuto fare a meno di riandare con la mia mente indietro nel tempo e ricordare l'affettuoso avvertimento di un altro servitore di Dio che in un convegno del 1950 sentendo parlare di organizzazione, statuti e regolamenti disse: Attenzione fratelli miei, perché tutte le strade conducono a Roma.

Infatti c'è una sola strada che non conduce all'autoritarismo, alla centralizzazione, al papato ed è la strada della Parola di Dio che è la strada della libertà cristiana.

Quando il risveglio pentecostale ha avuto il suo inizio, fra gli italiani negli Stati Uniti, ha trovato subito tutti concordi nel voler conservare gelosamente quella libertà che avevano trovato uscendo dalle diverse denominazioni protestanti o dalla chiesa di Roma.

Non possiamo meravigliarci di questo proposito, perché ogni "movimento di risveglio" è nato con questo programma, perché ogni movimento di risveglio è nato libero in Cristo. Potrei citare decine di testimonianze, ma mi limito a sceglierne due: una lontana di secoli, ed una vicinissima a noi.

Per la prima mi limito a citare le dichiarazioni di uno storico, che nello scrivere di un movimento "nato" evangelico e che poteva svilupparsi e vivere come quello ad esso contemporaneo di Valdo, e che invece fu purtroppo assorbito e strumentalizzato dalla curia romana dell'epoca e dalle epoche successive, così si esprimeva:

"Senza organizzazione, per evitare il pericolo di costringere lo Spirito entro aride formule, quei pazzi del Signore (come venivano chiamati) si ponevano umilmente al servizio altrui…

…presto la curia romana intervenne a moderare gli entusiasmi e ad irregimentare il moto entro schemi più precisi…Francesco cedette "con intima sofferenza" perché secondo lui il Vangelo doveva essere vissuto "sineglossa", alla lettera…".

Dopo la morte di Francesco e raccogliendo proprio una sua raccomandazione, ci furono molti che vollero tornare a vivere il risveglio originale: furono perseguitati ed uccisi, ma respirarono di nuovo l'aria pura della libertà anche se a prezzo di martirio.

Vengo alla testimonianza recente, quella ricordata da A. Biginelli nel libro "La chiesa e la sua autorità". Ecco le parole dell'autore:

All'inizio del loro "risveglio" i "fratelli", provenienti dalle Chiese Anglicana, Presbiteriana, Metodista ecc., si radunavano insieme nel nome del Signore nel Quale avevano creduto, compivano le loro attività spirituali ed offrivano la loro adorazione avendo come unico centro la Persona di Cristo e risolvendo tutti i loro problemi sulla base dell'unica autorità valida:

Quella della Parola di Dio.

Il risveglio pentecostale ha realizzata la medesima esperienza: nato libero era fermamente deciso a rimanere libero e la prova più chiara l'abbiamo dal fatto che quando è stato obbligato a dare conto della propria identità si è dichiarato "congregazioni cristiane inorganizzate; inorganizzate cioè autonome, libere, ma unite dai vincoli della grazia di Dio nella comunione cristiana.

Per molti anni questa condizione è rimasta inalterata e coloro che potevano essere considerati i padri spirituali, gli apostoli del movimento, sono stati rispettati ed ascoltati e le loro appassionate esortazioni a conservare la libertà cristiana non sono cadute nel vuoto.

Fra tanti voglio ricordare il fratello L. Francescon che può essere considerato "primizia" del risveglio pentecostale fra gli italiani negli Stati Uniti; questo generoso servo di Dio si è coraggiosamente battuto per la libertà insidiata dall'organizzazione; egli aveva sintetizzato il suo messaggio, intorno a questo soggetto, affermando di aver ricevuta luce da Dio. Ecco le sue parole:

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COSTITUZIONE DELLA CHIESA DI DIO

 

Gesù è il Capo della Chiesa. Lo Spirito Santo è la legge per guidarla in ogni verità. La sua organizzazione è la carità di Dio nei cuori dei membri che la compongono - "Legame della perfezione".

Dove questi Tre non governano, è satana che governa in forma d'uomo per sedurre il popolo di Dio con la sapienza umana.

Questa luce l'ho ricevuta dal Signore l'anno 1910. L.F.

E' onesto precisare che Francescon non si opponeva alla designazione di fratelli che avessero potuto curare l'amministrazione dei beni strumentali delle singole comunità, ma respingeva decisamente il concetto di una organizzazione investita di autorità spirituale e strutturata gerarchicamente. Comunque anche la "funzione puramente amministrativa" doveva rappresentare, secondo il pensiero di Francescon non un "servizio imposto", ma un "servizio liberamente scelto" dalle comunità che ne avessero voluto usufruire.

In parole estremamente semplici, si può dire che questo servitore di Dio escludeva categoricamente la costituzione di un "corpo" di amministratori investiti di autorità sopra i propri fratelli. Francescon paventava il verificarsi di un fenomeno ricorrente e che purtroppo ha turbato o addirittura spento molti movimenti di risveglio.

Ritorno a questo proposito al già citato lavoro di Biginelli che affronta il problema delle chiese dei fratelli, un risveglio spirituale precedente a quello pentecostale; così l'autore denuncia questo male:

Si hanno, così, dei fratelli posti legalmente al vertice con la facoltà di comandare ed altri fratelli rimasti in basso che hanno solamente il dovere di ubbidire. Ma tutto questo è in aperto contrasto con i principi stabiliti dal Signore e che tutti ben conosciamo (Matt. 20:25; Marco 10:12; Luca 22:25; 2 Cor. 1:24: 1 Pietro 5:3).

Questo grave pericolo incombente e questa deviazione in atto, sono insiti in una costante sempre più evidente burocratizzazione legalistica di molte attività spirituali, che svilisce quando non distrugge, il carattere squisitamente carismatico del nostro servizio spirituale e della nostra vita di relazione con Dio e con i fratelli.

Il Biginelli denuncia lo statuto e le degenerazioni prodottesi nelle chiese per averlo accettato e così scrive:

Introdotto nelle Assemblee per imposizione di un governo dittatoriale, subito per timore umano o per debolezza e miopia spirituale e affermatosi, per la mancanza di un vigoroso insegnamento scritturale e per l'assenza di una decisa difesa delle verità dottrinali, il principio della gerarchia umana nella Chiesa è diventato evidente e si è fatto acutamente sentire dal Consiglio dell'Ente Morale sia per l'autorità che gli conferisce lo statuto, e sia perché il suo Presidente non è più considerato un fratello come tutti gli altri, ma bensì una autorità ecclesiastica per cui gli si deve particolare rispetto per la sua posizione, gli si deve riconoscere degli speciali diritti per la carica che ricopre talchè, molte decisioni concernenti l'Opera nel suo insieme, per essere legalmente valide, dovrebbero avere il "nulla obstat" o il "placet" della sua autorità gerarchica conferitagli dallo Statuto.

Ma quello che si è verificato nelle chiese dei fratelli e in tanti altri movimenti di risveglio, purtroppo si è determinato anche nel movimento pentecostale. Dopo la seconda guerra mondiale, quasi a quarant'anni dalla nascita del movimento incominciano a manifestarsi chiari segni di insofferenza fra le chiese pentecostali italiane degli Stati Uniti.

Questo fenomeno nasce soprattutto dai confronti che da parte di molti vengono fatti oltre che con le chiese storiche, con le denominazioni protestanti, anche con diversi rami del movimento pentecostale indigeno che già si sono strutturati secondo vari schemi organizzativi.

Il ragionamento semplicistico dei sostenitori dell'organizzazione era questo:

Se tutte le denominazioni hanno un'organizzazione, se altri movimenti pentecostali hanno un'organizzazione perché non dovremmo averla anche noi? Il fr. L. Francescon s'impegna in una dura battaglia per tentare di ricordare a tutti che Dio ci ha liberato in Cristo e ci ha fatto uscire fuori dalle organizzazioni. Egli sostiene con forza il principio di una comunione fraterna priva di gerarchia istituzionale e quello non meno importante di una vita e di un servizio compiuti non sui binari di una regolamentazione legale, ma nella libertà e nella guida dello Spirito Santo.

I suoi avversari crescono di numero e di forza ed egli è costretto a ritirarsi dopo aver dato l'ultimo solenne avvertimento…

Purtroppo ho dovuto personalmente raccogliere la dichiarazione di uno di questi avversari, considerato fra i maggiori, che, trovandosi a Roma, mi disse testualmente:

Nel prossimo Convegno venga Francescon o S. Francesco, noi faremo quello che siamo intenzionati di fare cioè ci organizzeremo legalmente. (Sic)

A quel convegno Francescon non andò; aveva detto l'ultima parola nel precedente convegno e aveva "sentito" che quella parola non era stata ricevuta e quindi egli non aveva più responsabilità nei confronti di fratelli che "non avevano avuto orecchio", per ascoltare il suo consiglio.

Sono andato lontano nel tempo e nello spazio, ma voglio ora tornare a quel servitore di Dio che con profonda mestizia esprimeva il suo punto di vista intorno ad una crisi che invano si cerca di nascondere con programmi clamorosi o con adunate oceaniche. Crisi dell'amore, crisi della libertà, crisi della vera santità e quindi, di conseguenza crisi della comunione sincera, della collaborazione pura, della fede genuina e semplice, del servizio disinteressato.

Non voglio e non posso attribuire tutto questo all'esistenza di uno statuto, benchè questo possa rappresentare un ostacolo alla ricerca e al rispetto della parola di Dio, ma non posso non fare osservare che sempre la storia ci dice che "crisi spirituale" ed "organizzazione" si presentano sempre assieme proprio quando un risveglio si avvia verso il suo tramonto, cioè verso la trasformazione in una denominazione da collocarsi silenziosamente nell'ambito delle tante già esistenti e che sono state prima altrettanti movimenti di risveglio.

Ma distruggere lo statuto vuol dire "scissione?" Il desiderio di quel servo di Dio, ricordato all'inizio di questo capitolo, era quello di provocare una divisione?

Assolutamente no, anzi distruggere lo statuto proprio per realizzare unità e comunione non mediante l'adesione ad una organizzazione, ma in virtù dei vincoli spirituali della grazia di Dio.

Prima dello statuto, prima dell'organizzazione, eravamo e vivevamo fratelli in semplicità e in purità perché Dio ci aveva fatto e ci ha fatto Suoi figliuoli e se oggi si alza una voce, questa vuole essere non sediziosa, ma sostenitrice di unità nella libertà e quindi unità non condizionata da etichette, da tesserini, da regolamenti, ma unità piena e libera nella gioia dello Spirito Santo.

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II.

"DOVE CI TROVIAMO?"

 

I "Ricorsi storici" sono fenomeni che hanno spazio in ogni ambiente dinamico, cioè dove c'è il movimento, la vita e quindi non deve sorprenderci il fatto che i medesimi eventi, con sconcertante puntualità, si riproducono nel seno dei movimenti di risveglio che si susseguono lungo il corso della storia della chiesa.

Nel capitolo precedente ho ricordato due testimonianze, lontane fra loro di molti secoli, ma concordi nell'esprimere l'anelito di coloro che avevano ricevuto la conoscenza di quella verità che rende liberi; in questo voglio ricordare la mesta recriminazione di un servitore di Dio:

Siamo caduti molto in basso. Stiamo edificando sul terreno infido dell'organizzazione umana, sulla sabbia mobile di un legalismo giuridico che spesso è stato invocato per privarci della nostra LIBERTA', del nostro DIRITTO, e della nostra RESPONSABILITA' di esaminare, insieme ai nostri fratelli, i problemi comuni nello intento di risolverli sul fondamento dell'autorità assoluta della Parola di Dio (Luca 11:28).

Il tentativo di fare prevalere l'autorità legale dell'Ente Morale nelle responsabilità spirituali delle singole Assemblee, ci ha condotti, anche per la nostra colpevole acquiescenza od ignoranza delle verità, in un manifesto conflitto con l'autorità della Parola di Dio.

E' sempre il Biginelli che nell'opera già ricordata si ferma ad analizzare la condizione di quelle tante comunità dei "fratelli" che nate libere ed autonome erano scivolate sul "terreno infido" dell'organizzazione fino alla centralizzazione e all'autoritarismo.

La trasformazione di un Ente Morale (nato soltanto come organo amministrativo di alcune proprietà immobiliari) in un "istituto" investito di potere e preposto al governo delle comunità e dei ministri in relazione alle attività spirituali, aveva deformato le caratteristiche del risveglio e ne aveva mortificato la libertà.

L'autore infatti nel ricordare il "principio" dell'autonomia delle chiese (e non della "chiesa") dei fratelli lo difende alla luce della Parola di Dio.

L'autonomia della chiesa locale non è anarchia perché essa, pur non avendo un regolamento formato ed approvato dagli uomini, ha un codice unico e perfetto, valido per tutte le Chiese: la Parola di Dio! A questo codice tutti i credenti e tutte le Chiese devono inchinarsi ed "attenersi con fermo proponimento di cuore" (Atti 11:23).

Di fronte all'autonomia si erge, come un idolo, l'immagine delle istituzioni umane, sempre strutturate ed organizzate secondo principi gerarchici e regolamentazioni legali. I movimenti di risveglio, come il popolo d'Israele ai giorni di Samuele, finiscono sempre per cedere all'allettamento di un modello che si propone per essere imitato ed essi non si rendono conto, come scrive il Biginelli che:

Ma quando diverse chiese locali si eleggono un Comitato direttivo, una Tavola o un Sinodo, e di conseguenza, un moderatore, un presidente o un sovraintendente e cioè una persona o un gruppo di persone che riassumono e che rappresentano di fronte allo Stato, sia i loro beni materiali quanto le loro attività spirituali essi abdicano alla loro autonomia spirituale, o, con maggiore precisione, all'autorità del Signore nel loro seno.

E' dunque chiaro che la Chiesa locale è indipendente ed autonoma da ogni autorità umana, perché tutte le Assemblee devono dipendere, essere sottomesse, ed ubbidire a Dio e alla Sua Parola.

L'autore non nasconde la propria amarezza perché è costretto a scrivere non di cose che possono avvenire, ma di cose che sono avvenute e che hanno rovinato l'esperienza spirituale di quelle comunità sorte in Italia nel secolo scorso e che hanno conosciuto un periodo fiorentissimo di vita cristiana e di servizio evangelistico.

Noi dobbiamo far tesoro delle riflessioni espresse dal Biginelli proprio perché apparteniamo ad un movimento di risveglio successivo a quello che spesso viene ricordato, particolarmente per alcuni fra i più attivi animatori: Guicciardini, Muller, Rossetti…

Dobbiamo temere il verificarsi di "eventi" che hanno posto in crisi coloro che ci hanno preceduti e compiere quanto è in nostro potere per scongiurarli o addirittura per capovolgerli, se già sono giunti a noi, come purtroppo è avvenuto.

Non è impossibile vincere la battaglia che deve essere combattuta per riacquistare la libertà, ma il combattimento deve essere affrontato con energia e senza perdere tempo ed infatti ancora una volta citando il Biginelli, possono essere ricordate le sue appassionate parole:

Se non ci liberiamo tempestivamente da questo lievito dell'autorità umana, che serpeggia nel seno delle Assemblee, si giungerà, attraverso l'inesorabile processo della lievitazione, ad un capo umano nelle Chiese di Cristo (dette Chiesa dei Fratelli) in contrasto con l'insegnamento della Parola di Dio.

L'autorità divina si è trasferita, dall'Iddio Santo e perfetto, all'uomo peccatore e manchevole; dalla Sacra Scrittura, tutta divinamente ispirata, alla fallace gerarchia della Chiesa e da questa, al capo che si trova al vertice della scala gerarchica.

Come s'introduce il "lievito" in un movimento di risveglio?

Ho ricordato quello che si è verificato nell'opera italiana degli Stati Uniti, ho anche accennato brevemente al sorgere del fenomeno in Italia, ma posso riprendere l'argomento per ricordare qualche particolare importante.

L'opera pentecostale in Italia è di poco posteriore a quella americana perché molto presto, coloro che avevano accettato la salvezza e realizzata l'esperienza del battesimo nello Spirito Santo, si sentirono spinti a recare il messaggio ai loro paesi d'origine, alla loro nazione; ma anche l'opera italiana, come quella negli Stati Uniti, rimase completamente estranea ad un programma organizzativo; le chiese erano autonome anche se unite da sincera e calda comunione spirituale.

Il primo incontro fra conduttori di chiese fu realizzato venti anni dopo la nascita del movimento in Italia e cioè nel 1928; a questo che aveva avuto una partecipazione piuttosto scarsa, ne seguì un secondo nell'anno successivo.

Non si parlò di organizzazione, anzi il principio dell'autonomia appariva cosa tanto ovvia da non aver bisogno di una qualsiasi difesa. Voglio d'altronde ricordare che quell'incontro, o se preferiamo quel convegno del 1929 aveva, come guida spirituale, quel fratello L. Francescon del quale già ho ricordato i principi di uguaglianza e di libertà.

Dopo quello del 1929 un successivo incontro, a carattere nazionale, fu realizzato nel 1945 in Sicilia; c'era stato un incontro anche l'anno precedente, ma erano mancati i fratelli del continente in conseguenza degli eventi bellici ancora presenti nel nostro paese.

In quel convegno del 1944 si parlò di organizzazione "amministrativa", di coordinazione di programmi, di comitati provinciali o zonali e si abbozzò anche qualche iniziativa in queste direzioni, ma senza dare quel carattere o quel significato autoritario e accentratore proprio dell'organizzazione.

Comunque, nel convegno successivo anche queste iniziative furono in notevole parte contestate dagli stessi che l'avevano promosse l'anno precedente e che in pratica le avevano trovate non corrispondenti a quei principi di libertà cristiana ancora difesi nel movimento.

Ma nel convegno del 1945 che poteva essere considerato nazionale, per la prima volta fu posto all'ordine del giorno il problema dell'organizzazione; la proposta veniva da quella che era allora l'unica chiesa di Palermo, ma a questa proposta la reazione immediata fu tanto massiccia da indurre i proponenti a ritirarla senza che fosse messa in discussione.

I fratelli giunti dal continente furono fra i primi e fra i più decisi ad opporsi al progetto e a convegno concluso i più soddisfatti di aver contribuito con la loro partecipazione a scongiurare il "pericolo".

Di fronte a questo fatto, appare almeno strano che soltanto alla distanza di un anno e cioè nel convegno tenutosi a Roma nel 1946 la proposta venga presentata di nuovo e non più da coloro che erano stati costretti a ritirarla, ma proprio da coloro che l'avevano respinta.

E se si tiene presente che quel Convegno fu presieduto dal fr. N. D. Gregorio, diacono di quella chiesa di Chicago guidata dal fr. L. Francescon, oppositore dichiarato dell'organizzazione, la cosa sembra tanto strana da apparire addirittura paradossale.

Tutto però può essere spiegato alla luce di due elementi; il movimento italiano aveva avuto, nel periodo fra i due convegni, contatti con fratellanze estere già organizzate e queste avevano esplicitamente consigliato di organizzarsi per poter affrontare, con il peso dell'organizzazione il problema della libertà religiosa.

Il secondo elemento può essere indicato nell'arrivo proprio durante il convegno del 1946 del fr. H. Ness, di Seattle che all'epoca era esponente non secondario delle Ass. of God degli Stati Uniti. Questo fratello, pastore di una grande comunità e direttore di una Scuola biblica fondata da lui stesso, era non soltanto assertore convinto dell'organizzazione, ma anche generoso e disinteressato consigliere per costituirla.

Il paradosso fu proprio accentuato dalla contemporanea presenza in quel convegno degli esponenti dell'inorganizzazione e dell'organizzazione e cioè dei fratelli Di Nicola e Ness; purtroppo la presenza e la parola del secondo prevalse su quella del primo e l'organizzazione incominciò la sua marcia.

E' giusto ricordare, come dirò più chiaramente in seguito, che allora non c'era altro proposito all'infuori di quello di ottenere libertà di culto e si pensava che questo fine si sarebbe raggiunto meglio e più presto presentando alle autorità un corpo coordinato oltre che collegato in tutte le sue parti. Comunque la cosa si è messa in movimento ed è andata avanti per la sua strada…verso Roma.

Non ho voluto fare la storia o proporre la cronistoria dell'organizzazione dalla sua nascita; sarebbe stato necessario fornire particolari e forse dare interpretazioni. Mi sono limitato a ricordare alcune circostanze fondamentali che hanno dato l'avvio ad un fenomeno del quale non si erano certamente previste le conseguenze.

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III.

"IL PARADOSSO SI ALLARGA"

 

L'organizzazione in movimento: giunge la richiesta concessione di affiliazione con l'organizzatissima Ass. of God degli Stati Uniti e con questa l'inizio di una pratica di riconoscimento. Un inizio forse malato d'ingenuità; sembrava che tutto potesse essere eseguito con estrema semplicità, assolvendo ad alcuni atti "puramente formali" e al solo fine di ottenere libertà per esercitare il servizio del Signore. Anche la compilazione di uno "statuto" appariva come una cosa affatto impegnativa ed infatti la stesura di questo fu affidata ad un fratello designato in sede di convegno.

Ma già dai primi contatti con il Ministero apparve chiaro che la pratica implicava impegni e responsabilità maggiori di quelli del nostro preventivo semplicistico. La pratica doveva essere affidata ad un legale e doveva essere questo a compilare uno statuto.

Non fu difficile trovare il legale perché indicato e consigliato dallo stesso funzionario del Ministero, ma fu anche facile constatare che questo legale per avviare la pratica doveva servirsi della stazione di partenza e dei binari delle organizzazioni già esistenti, cioè quelle delle denominazioni protestanti. Quindi lo "statuto" preparato dal legale s'ispirava e ricopiava in parte gli statuti delle diverse denominazioni dalle quali molti credenti pentecostali erano usciti.

Incominciava così quel processo che molti anni prima si era prodotto nella chiesa dei fratelli e che ha fatto scrivere ad A. Biginelli le amare parole che qui ricordo:

Ci troviamo di fronte ad un totale rovesciamento, e cioè di fronte all'organizzazione gerarchica ed all'autorità ecclesiastica, proprie della denominazione e che "i Fratelli", nel loro risveglio, avevano abbandonate e combattute costituendo delle Assemblee libere da ogni vincolo umano perché fossero solamente vincolate al Signore ed alla Sua Parola.

Tale principio, inseritosi nello Statuto dell'Ente Morale in circostanze eccezionali e, certamente, anche per mancanza di fedeltà e di discernimento spirituale, oltre a non avere nessun fondamento nella Parola di Dio, priva i credenti della completa libertà dello Spirito e limita la loro dipendenza da Dio e dalla Sua Parola. Infatti, i credenti del Risveglio "dei Fratelli" nazionale od internazionale, come le altre Chiese dalle quali erano usciti per liberarsi dall'autorità umana e perché appunto credevano ed insegnavano che la vera Chiesa, la Chiesa di Cristo, è là OVUNQUE (Matt. 18:20) i nati di nuovo si radunano insieme nel Suo nome per pregare, per rompere il pane e bere il calice in rammemorazione di Lui, per adorarLo in Ispirito e verità e per esercitare il ministerio dei doni spirituali nell'attesa del Suo ritorno, nella piena libertà dello Spirito.

Ma la mancanza di "discernimento spirituale" di cui fa cenno Biginelli, sembra essere purtroppo una caratteristica sempre presente in un movimento di risveglio che inizia la parabola discendente.

Bisogna ricordare però che sarebbe stato necessario individuare non grosse, ma "piccole volpi", e non in riferimento a persone, che forse all'epoca erano ancora tutte in buona fede, ma in riferimento ad elementi e circostanze. Infatti allora non si parlava di avere un "presidente" che avesse autorità anche spirituale sopra le chiese o sopra i fedeli o di avere "organismi" che potessero avere il potere e la pretesa di comandare, meno ancora si parlava di avere un "regolamento" totalmente estraneo o addirittura in conflitto con gli insegnamenti della Scrittura. Anzi le più convinte e calde assicurazioni venivano dati agli esitanti ( e forse ai pochi ancora pienamente illuminati): "Saremo sempre fratelli" "Uniti dall'amore e perfettamente uguali", "La Bibbia sarà sempre lo Statuto delle chiese", "Vivremo sempre nella libertà dello Spirito". Assicurazioni e promesse che sono state sbriciolate dal tempo e soffocate dagli eventi.

Ma in quei giorni quasi tutti credevano a queste assicurazioni e coloro che le esprimevano e coloro che le ricevevano; in fondo si trattava semplicemente di formalizzare una domanda per avere "libertà di culto" cioè per neutralizzare, finalmente, quelle misure e quelle circolari che avevano scatenata la persecuzione all'epoca del regime fascista e che avevano ostacolato tanto l'attività edificativa, quanto quella evangelistica delle chiese. Non si pensava e non si parlava di "Ente Morale", ma soltanto di ottenere quanto esplicitamente accordato dalla costituzione e che probabilmente avremmo avuto senza far domande.

Non c'erano ancora beni immobili da tutelare o istituzioni da proteggere, ma c'era un grande e forse esagerato desiderio di essere legalmente liberi (spiritualmente il cristiano è libero anche nella persecuzione) di svolgere tutta l'attività cultuale e ministeriale.

La semplicità, o l'ignoranza, erano ancora tanto determinanti da far accettare ad "occhi chiusi" lo statuto compilato dal legale. A coloro che ne chiedevano la lettura ed eventualmente la discussione fu data assicurazione che si trattava di un "documento" necessario soltanto per corredare la domanda, ma non "impegnativo" per noi che avevamo uno statuto superiore: la Parola di Dio.

Molti anni dopo invece quello statuto è stato letto, esaminato, discusso ed approvato, ma questo è avvenuto quando ormai l'organizzazione aveva assunto il controllo del movimento, delle chiese e condizionato anche il modo di "pensare" dei ministri.

Quanto sarebbero state opportune le parole di Biginelli in quel lontano passato:

La vera comunione fraterna e l'unità dello Spirito, consistono e si mantengono nell'accettazione, da parte di tutti i credenti, della "sola Scrittura" e della sua autorità tanto nella nostra vita personale quanto nella vita collettiva delle singole chiese. La comunione fraterna e l'unità dello Spirito sono turbate, quando subentra, nei rapporti spirituali, sostituendosi a quella divina, l'autorità umana.

La "sola Scrittura" l'affermazione solenne che ha dato un fondamento alla riforma, dovrebbe rimanere il principio irrinunciabile di ogni movimento di risveglio. Purtroppo sembra difficile resistere alla tentazione di imitare i modelli proposti dal "presente secolo" e come gli israeliti lottarono per avere un "re", un re come lo avevano altre nazioni, così i movimenti nati liberi e guidati da Dio, arrivano a volere ed accettare forme di governo che finiscono per escludere la signoria di Dio; torno ancora una volta a quanto scriveva Biginelli:

Dal momento in cui la nostra autorità è Dio e la Sua Parola, noi dipendiamo unicamente da Lui e se desideriamo esercitare il nostro servizio del ministero nell'opera del Signore nella piena libertà e nella guida dello Spirito, non possiamo e non dobbiamo accettare altre signorie e né sottometterci ad altre autorità. (Eccl. 8:9).

Non si deve tollerare, nella vita e nel servizio delle chiese locali, l'intromissione di altra autorità che non sia quella delle Sacre Scritture e del Signore Gesù Cristo, perché tale intrusione sacrificherebbe sul Moloc dell'autorità umana, la gloriosa libertà dello Spirito di operare con pienezza nelle membra del corpo di Cristo.

Rifiuto dell'organizzazione e dell'autorità gerarchica non vuol dire rifiuto dell'ordine e del ministero. Un servo di Dio ha detto che la chiesa non è un'organizzazione, ma un organismo e noi tutti sappiamo che quando un organismo è sano presenta il più perfetto quadro di ordine e di armonia; lo Spirito Santo coordina, unisce, muove tutto e tutti ed anche quelle circostanze di carattere locale, nazionale, internazionale, che sono considerate di "emergenza" possono essere perfettamente affrontate e cristianamente vissute nella guida e nella potenza di Dio.

Non è vero che siano necessari comitati permanenti ed istituzioni legalizzate; nella chiesa apostolica sorgevano problemi assistenziali, disciplinari, dottrinali, sociali e tutti trovavano una perfetta soluzione mediante le risorse dello Spirito Santo. Atti 6:3, 11:29-30, 13:3-4, 15:2, 1 Cor. 16:1-4; 2 Cor. 8:4.

Il ministero è e deve essere onorato tanto nella comunità locale, quanto nell'esercizio della comunione e della collaborazione, ma quando ci riferiamo al ministero dobbiamo riferirci ad una qualifica data da Dio e non ad un titolo ottenuto mediante un suffragio che non raramente è il risultato di una votazione elettorale abilmente manovrata. Quando aggiungiamo titoli e qualifiche a quelle definizioni carismatiche date dalla Scrittura, noi oltrepassiamo il limite entro il quale siamo chiamati a vivere la nostra esperienza cristiana e possiamo soltanto contribuire all'affermazione e all'esaltazione della personalità umana.

Anche su questo elemento si può raccogliere una triste considerazione di Biginelli che anzi si limita a parlare degli "anziani" la cui qualifica è scritturalmente esatta, ma che purtroppo in una struttura organizzativa anche queste qualifiche possono andare incontro alle più perverse degenerazioni:

In sostanza, la stima, il rispetto e l'ubbidienza non sono dovuti alla carica di anziano (alla quale molti fratelli ci tengono e sovente la usurpano), ma alle qualità spirituali che egli possiede (così rare oggi) e che dimostra nell'esercizio fedele e zelante delle sue funzioni nella Chiesa.

E' evidente che una funzione esercitata senza le qualità richieste dalla Parola di Dio è un'intrusione illecita e dannosa, un'irrisione alla verità ed un impedimento alla edificazione del corpo di Cristo e perciò non può e non deve essere riconosciuta e tanto meno accolta.

Di queste degenerazioni forse la peggiore è rappresentata dall'autoritarismo, ed il Biginelli lo denuncia alla luce di un passo della Scrittura:

Di questo tipo di anziani, Diotrefe, ne è l'esempio più noto. Infatti, nella terza epistola di Giovanni vv. 9-10 leggiamo che egli "procacciava il primato", mentre il Signore Gesù aveva detto: "Voi tutti siete fratelli" (Matt. 23:28) e, più tardi, Pietro avrebbe scritto: "…non come signoreggiando quelli che vi sono toccati in sorte, ma essendo gli esempi del gregge" ( 1 Piet. 5:3). Poi, "non riceveva i fratelli", agendo proprio all'opposto di quanto scriveva Paolo:

"Quanto a colui che è debole nella fede, accoglietelo ma non per discutere opinioni" (Rom. 14:14). E finalmente "cianciava di male parole…impediva coloro che volevano riceverli e li cacciava fuori dalla Chiesa".

Il "paradosso si allarga"; da quello iniziale costituito dall'incontro in uno stesso convegno dei rappresentanti di due opposte tendenze, sono arrivato a parlare delle conclusioni infauste che si sono avute mentre si continuava e si continua a dire: "Siamo tutti liberi". "Siamo tutti uguali". "Fra noi non esistono gerarchie".

Credo che sia superfluo ricostruire minuziosamente la storia di quel che si è verificato; oltretutto si corre il rischio di dimenticare qualche particolare o di dare interpretazioni personali a qualche dettaglio anche importante. La sola cosa che si deve dire è questa: - Il movimento pentecostale, da uno stato di libertà realizzato nell'autonomia delle chiese, è giunto ad una condizione di legalismo condizionante ad opera della propria organizzazione.

Naturalmente non tutti si accorgono di questo stato di cose e non perché manchi conoscenza o discernimento, ma perché non tutti sono impegnati in attività che possono essere in conflitto con le regolamentazioni o le norme statutarie, o perché non tutti rappresentano un ostacolo vero o immaginario del "potere".

Se mi è permesso un esempio posso ricordare che anche sotto i regimi totalitari e dittatoriali non tutti si accorgono delle limitazioni imposte alla libertà perché ci sono un numero notevole di persone che possono agevolmente vivere la loro vita entro i confini anche ristretti delle leggi e questo perché la loro vita non ha esigenze superiori a quelle dello spazio che viene loro concesso.

Nessuna meraviglia quindi se s'incontrano individui che non comprendono perché si alza la voce per denunciare l'oppressione, e se l'oppressione è sconfitta, nessuna meraviglia se si incontrano coloro che vengono definiti "nostalgici". Noi vogliamo e dobbiamo avere una sola nostalgia: quella per le cose sante; per la libertà, per la verità, per la semplicità già in parte compromesse.

Torniamo alla Pentecoste dell'Alto Solaio, delle camerette segrete, della vera separazione dal mondo, dal vero, puro amore fraterno realizzato e vissuto nell'uguaglianza. Torniamo ad un servizio attivo, disinteressato, privo di pretese accademiche e di artificiosità scolastiche, ma ricco di calore e di esperienze; si, torniamo a Dio e così distruggeremo ogni pernicioso paradosso presente in mezzo al popolo di Dio.

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IV.

UNA VITTORIA

 

Forse proprio l'opera di Biginelli ripetutamente ricordata ha contribuito a far conseguire una vittoria, diciamo pure una liberazione alle chiese dei fratelli. Finalmente lo statuto che sanzionava il centralismo, che limitava la libertà, è stato annullato.

In data 14 maggio 1980 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'Interno (Rognoni) ha approvato il nuovo Statuto. Quindi non uno statuto semplicemente modificato, ma un "nuovo statuto" che ha un carattere esclusivamente amministrativo.

Per avere un'idea del radicale cambiamento posso fare degli esempi; nel nuovo statuto non esistono più articoli come questi:

Art. 3:

a) L'Ente Morale è l'organo giuridico responsabile di tutte le comunità e che le rappresenta anche nelle loro attività spirituali.

Art 16:

b) L'Ente Morale nomina i ministri di culto ed è responsabile delle loro attività.

Il nuovo Statuto quindi limita l'attività dell'Ente alla gestione dei beni immobili, senza escludere però che le chiese stesse possano avere il possesso diretto di questi beni. L'Ente Morale diviene quindi praticamente un "servizio amministrativo" del quale tutti possono "liberamente" godere senza essere però condizionati nell'esercizio della vita comunitaria, e senza neanche essere obbligati ad accettarne il servizio amministrativo. Qualcuno potrà dire che la vittoria sarebbe stata completa se si fosse addirittura sciolto l'Ente e ripudiato definitivamente lo statuto, ogni statuto, ma dobbiamo sinceramente ammettere che quando la nostra libertà cristiana ed il rispetto completo della Parola di Dio non subiscono attentati, possiamo anche tollerare (farne a meno forse sarebbe meglio) quelle costituzioni suggerite dagli ordinamenti giuridici del paese.

Spesso quando si affronta l'argomento delle leggi si pensa a Paolo e si parla di Paolo cioè del "cittadino romano" che in varie circostanze si è appellato alla "legge". Frequentemente però il riferimento all'apostolo è se non proprio strumentale, almeno equivoco; Paolo non ha mai cercato di introdurre un metodo legalista nella vita cristiana o nelle chiese. Non dobbiamo poi creare confusione non distinguendo fra l'osservanza di quelle leggi che c'impegnano esclusivamente nella nostra vita sociale e quelle leggi che ci vincolano direttamente alla parola di Dio. Infatti io sono convinto che se Paolo avesse dovuto scrivere oggi quello che ieri scrisse ai credenti della Galazia, avrebbe usato parole diverse, forse parole come queste:

V.

1) Cristo ci ha affrancati perché fossimo liberi; state dunque saldi, e non vi lasciate di nuovo porre sotto il giogo della servitù!

2) Ecco io vi dichiaro che se vi fate sottomettere ad uno statuto o ad un regolamento, Cristo non vi gioverà nulla.

3) E da capo protesto ad ogni uomo che accetta uno Statuto o un Regolamento che egli è obbligato ad osservare questi.

4) Voi che volete essere allineati mediante il Regolamento e lo Statuto, avete rinunciato a Cristo, siete lontani dalla Sua Parola.

VI.

12) Tutti coloro che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono ad accettare lo Statuto e il Regolamento e ciò al solo fine di non essere perseguitati per la croce di Cristo.

13) Poiché neppure quelli stessi che vi propongono lo Statuto osservano gli articoli di esso; ma vogliono che accettiate lo Statuto per potersi gloriare del numero.

No! non vuole essere un audace rifacimento del testo paolino, ma piuttosto una rispettosa interpretazione del suo pensiero applicato ad una situazione reale. D'altronde quel capitolo 5 dell'epistola ai Galati al quale mi riferisco è estremamente chiaro ed anzi ci dice che se non è lecito ad un cristiano cercare giustizia e giustificazione nella Legge (con la lettera maiuscola) quanto meno deve sentirsi impegnato a cercarla in un Regolamento alienante dalla libertà e addirittura dalla dipendenza da Dio.

Paolo non è schiavo degli uomini, è schiavo di Gesù Cristo anzi un volontario di Gesù Cristo e nello stesso modo che rivendica il diritto ad esercitare il ministero senza limitazioni (1 Cor. 9:1-6), così rivendica quello di liberamente soffrire con gioia per il nome di Gesù Cristo. Atti 21:13.

Egli non accetta, non può accettare tutori o procuratori, meno ancora è disposto a vendere l'acquistata libertà ad un "nuovo sinedrio"; è stato redento e quindi strappato dal sinedrio di Gerusalemme e non vuole conoscerne un altro anche se questo potrebbe presentarsi con il più allettante dei nomi e la più suggestiva delle forme.

Le lettere dell'apostolo non trascurano mai il tema della libertà, egli lo sviluppa in tutte le articolazioni: libertà dal peccato, dalle tradizioni, dalla paura, dall'errore e con grande enfasi: libertà dal legalismo il che vuol dire libertà dall'organizzazione, dalle gerarchie, dai regolamenti.

Mai l'apostolo avrebbe accettato uno statuto da aggiungersi all'Evangelo di Gesù Cristo; egli lo avrebbe visto come un altro Vangelo, quindi come un tentativo di coprire ed oscurare la Parola di Dio. Nell'esprimersi così non mi riferisco alla parola scritta, ma alla parola di Dio interamente ricevuta e interamente custodita dalla chiesa apostolica (Atti 2:42).

Paolo è l'espressione sana del pensiero e del sentimento della chiesa che vive nella libertà dello Spirito. Ogni movimento di risveglio infatti è nato libero, privo di ogni forma organizzativa, ed anzi animato dal proposito di non voler imitare le associazioni e le istituzioni umane sempre strutturate gerarchicamente e statutariamente.

Quindi se parliamo di Paolo dobbiamo saperlo "vedere" ed "ascoltare" perché da lui ci viene un solo messaggio; quello che ci esorta a conservare e riacquistare la libertà.

Biginelli scriveva: Siamo caduti molto in basso…; la sua parola si è unita a quella di altri che hanno detto la medesima cosa; quel suono si è dilatato, è diventato tuono e finalmente il tuono, terremoto che ha fatto crollare le strutture di un autoritarismo centralizzato che mortificava le chiese e questa è stata una vittoria che sinceramente guardiamo ed auspichiamo come inizio di un nuovo risveglio. Ma alle parole del Biginelli: "siamo caduti in basso…"; domandiamoci: e noi, dove ci troviamo?

Tergiamo il pianto sterile e soffochiamo le recriminazioni inutili, ma alziamo alta la voce per dire anche a coloro che si mettono al riparo delle loro posizioni e dei loro titoli altisonanti:

Torniamo all'Eterno!

Non riconosciamo i vostri titoli e non ci sottomettiamo alle vostre pretese autoritarie: vogliamo essere liberi; liberi di onorare Dio e fare non la nostra, non la VOSTRA, ma la Sua volontà.

I suffragi che avete ricevuti non annullano il fatto che avete preteso assumere un ruolo che non vi è stato conferito da Dio e che è totalmente estraneo all'insegnamento della Scrittura. Perciò rifiutiamo le vostre direttive, perché vogliamo seguire soltanto quelle di Dio. Vogliamo esaltare la comunione, incrementare la collaborazione, onorare il ministero, ma solo e sempre nell'esercizio della libertà cristiana e, soprattutto nella realizzazione di quel puro amore fraterno che ci ha fatto figliuoli di Dio e quindi uguali per vivere sotto la suprema Autorità di Dio nella guida dello Spirito Santo! Amen!

Quando saremo capaci di alzare la voce ed esprimere queste decisioni; soprattutto quando saremo capaci di attuare questi principi, con quel coraggio che deve venirci dalla consapevolezza di essere liberi figliuoli di Dio, potremo anche noi affermare che una battaglia è stata vinta per il bene del popolo cristiano e, soprattutto, alla gloria di Dio.

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LA CHIESA

 

E' stato osservato che quando il Nuovo Testamento parla di chiesa si riferisce quasi sempre (cioè 100 volte su 110) alla chiesa "locale" che può essere anche una piccola chiesa (Mt. 18:20) e che può raccogliersi forse in una casa. (Rom. 16:5). E' stato anche detto che la Scrittura parla di ogni singola comunità locale come del "Corpo di Cristo" in quel luogo e per quell'epoca. Non dobbiamo quindi avere il concetto che la comunità di una città rappresenti l'occhio e quella di un'altra città l'orecchio… e così di seguito, anzi dobbiamo credere che ogni comunità rappresenta dove si trova, il corpo di Cristo. (1 Cor. 12:27).

Ogni chiesa locale, quindi è autonoma ed anche se ha comunione e rapporti di collaborazione con altre comunità, riconosce un solo "capo" e questo capo è Cristo.

Nessun "corpo" può avere pretese di superiorità sopra gli altri e nessuna "autorità" ha il diritto di esercitare "potere" sopra le comunità. Cristo è il capo di ogni comunità ed Egli guida ed edifica mediante l'opera del ministero, per la luce della Parola, per la guida dello Spirito. Se vogliamo tracciare un rapido schema scritturale della chiesa, possiamo articolarlo come segue:

1) La chiesa cristiana di ogni secolo e di ogni luogo ha un solo capo: Gesù Cristo. Ef. 5:23.

2) La "chiesa" è costituita dai "primogeniti scritti nei cieli" e dai "giusti resi perfetti". Ebrei 12:22-23.

3) Ed è perfezionata ed edificata mediante l'opera del ministero assolto dagli operai suscitati e dati da Cristo. Efesi 4:11.

4) La chiesa di ogni luogo e di ogni epoca è stata chiamata ad essere la luce del mondo e ad evangelizzare i popoli nella potenza dello Spirito Santo. Mt. 5:14 - Atti 1:8.

5) La chiesa è costituita nella sua struttura terrena dalle chiese locali. Apoc. 1:4.

6) Ogni chiesa locale ha Cristo, quale capo supremo. Apoc. 2:1.

7) In ogni chiesa c'è perfetta uguaglianza fra tutti i membri che la compongono. Mt. 23:8.

8) Ogni chiesa viene perfezionata ed edificata a mezzo del servizio suscitato da Dio ed esercitato in umiltà. Matt. 20:26.

9) Ogni chiesa è assolutamente autonoma e libera di amministrarsi in relazione alla propria vita ed esperienza. Atti 14:26.

10) Le "chiese" hanno un rapporto ugualitario di comunione mediante i vincoli dell'amore ed i rapporti spirituali di libera collaborazione sul piano di una vera e profonda identità dottrinale e morale. Col. 4:16.

11) Le chiese non sono sottoposte a nessun potere centrale e non accettano strutture gerarchiche che volessero sovrapporsi alla propria autonomia e libertà. Atti 11:1-3.

12) Ogni chiesa è libera di:

a) Programmare la propria attività. Atti 13:1-3

b) Avere le proprie missioni e le proprie pubblicazioni Fil. 4:15.

c) Sovvenzionare i propri operai cristiani Gal. 6:6.

d) Partecipare liberamente a programmi collettivi 1 Cor. 16:1.

e) Accettare ministri ed avere rapporti di comunione e collaborazione con altre chiese, prescindendo da considerazioni denominazionali od organizzative, ma non da quelle dottrinali e morali Col. 4:16 - Mc. 9:38-39.

f) Possedere i propri locali 1 Cor. 16:19 - Col. 4:15

g) Riconoscere i propri ministri, anziani e diaconi e conservare il governo della comunità secondo i principi stabiliti dalla Parola di Dio ed in rapporto ad esigenze locali 1Tess. 5:12 - Fil. 1:1

13) Ogni chiesa nel rifiutare "organi", "titoli" e "qualifiche" estranei all'insegnamento della dottrina cristiana non fa altro che riaffermare la validità dei "ministeri" conferiti da Dio e quindi la "disponibilità" ad accettare liberamente l'offerta di collaborazione edificativa che può essere data e ricevuta. Rom. 1:11-12

14) Ogni chiesa deve sentirsi impegnata per difendere quella libertà cristiana che deriva dalla verità. Gal. 5:1

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Oltre a Persecuzione in Italia e La verità vi farà liberi, Roberto Bracco scrisse altri libri i cui titoli sono i seguenti

Il risveglio pentecostale in Italia,

Il Cielo: premio e gerarchie,

Il Ministerio cristiano,

Il peccato,

Sei cristiano?,

L'uomo nel tempo e nell'eternità,

Il battesimo,

Verità dimenticate e punti controversi,

Un aiuto convenevole,

Il Matrimonio,

Insegnaci ad orare,

Dare dare dare,

Le fonti della potenza,

Parole di consolazione,

Se avessi un pastore,

L'agonia di un risveglio,

Dov'è lo Spirito,

Che ne sarà dei suoi sogni….,

La potenza della pentecoste nel ministerio cristiano,

La glossolalia

  

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